18 Gen

Statua di Zeus in trono da Solunto – Museo archeologico “A. Salinas” (Palermo)

Nel corso dell’intervento di restauro conservativo della statua di Zeus in trono proveniente dal sito archeologico di Solunto e conservato presso il Museo archeologico A. Salinas di Palermo, abbiamo avviato in collaborazione con la Direzione del museo e la ditta G. Milazzo Restauri, un’approfondita campagna di indagini diagnostiche finalizzate a caratterizzare lo stato di conservazione, i materiali costitutivi e i restauri occorsi in passato sull’opera.

L’antica città di Solunto è certamente uno dei principali siti archeologici importanti in Sicilia, non molto lontano dalla città di Palermo (Sicilia). Durante gli scavi archeologici eseguiti dal 1825 dalla Commissione per le Antichità e le Belle Arti della Sicilia furono scoperti molti importanti reperti, tra i quali appunto la colossale statua di Zeus in trono, realizzata in pseudo-acrolito e databile al II secolo a.C.. Lo stato di conservazione in cui versava l’opera non permetteva di comprendere la tecnica di esecuzione e di distinguere le porzioni originali dalle integrazioni giustapposte nel tempo. I recenti lavori di conservazione hanno dato l’opportunità di studiare e ricostruire tutte le fasi del processo di realizzazione e datare le complesse vicende conservative. Grazie ad un approccio scientifico e una pulitura stratigrafica e selettiva, orientata al rispetto e al recupero delle superfici originali, sono state riscoperte e analizzate le tracce delle antiche policromie, recuperando informazioni sull’aspetto originario della statua. Tra le indagini scientifiche eseguite, infatti, le analisi in XRF prima e le successive osservazioni al microscopio ottico e al SEM-EDX su micro-frammenti poi, hanno restituito importanti evidenze analitiche sugli elementi decorativi originali e sulle stesure pittoriche ancora presenti; in particolare tali indagini hanno permesso di confermare la presenza di una spilla in metallo dorato applicata sul chitone di Zeus.

Subito dopo il rinvenimento, lo scultore neoclassico Valerio Villareale, considerato il Canova siciliano, restaurò nel 1826 la colossale statua di Zeus che fu ritrovata in frammenti e ne completò le parti mancanti. Non si avevano fonti d’archivio, ma già alle prime osservazioni ravvicinate nel corso delle prime fasi dell’intervento sia il restauratore che gli archeologi avevano attribuito alcune parti dell’opera a rifacimenti e integrazioni successive, qualitativamente inferiori a quelle del Villareale.

Dunque, proprio per ottenere una preliminare mappatura dei diversi materiali aggiunti nel tempo e orientare le scelte operative del restauro, sono state condotte diverse indagini diagnostiche, sia in situ tramite tecniche non invasive che in laboratorio su micro-prelievi. In particolare, la fluorescenza UV, la termografia IR, il rilievo tramite pacometro, le analisi in XRF hanno consentito di identificare e localizzare i materiali, distinguendo per composizione chimica le diverse stuccature successive al primo intervento del Villareale, valutare il loro stato di conservazione e chiarire la sovrapposizione tra le integrazioni e la superficie originale. 

Successivamente, a seguito delle preliminari informazioni in situ, sono stati eseguiti micro-prelievi analizzati in microscopia ottica, microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS) e spettroscopia FTIR e Raman. I risultati hanno chiarito le complesse stratigrafie e hanno individuato pigmenti che costituiscono marker cronologici dando così ulteriori indicazioni per la datazione dei restauri non documentati realizzati nel corso della seconda metà del XIX secolo.

Questo studio ha dato l’opportunità di studiare la pratica del restauro del XIX secolo anche attraverso l’integrazione di informazioni storiche e scientifiche per ricostruire in maniera completa la storia dei restauri che hanno coinvolto al statua, modificandone l’aspetto e conseguentemente la corretta lettura archeologica, oggi recuperata.

I risultati del complesso intervento sono stati presentati nel corso di una conferenza stampa http://www.artemagazine.it/attualita/item/2960-archeologia-restaurata-la-grande-statua-zeus-di-solunto

https://www.lettera32.org/lo-zeus-di-solunto-conclusi-i-restauri-conferenza-al-museo-salinas-di-palermo/

e sono stati oggetto di due pubblicazioni scientifiche presentate in occasione di convegni tematici internazionali:

  • Alberghina, M.F.; Alvarez de Buergo, M.; Martinez-Ramirez, S.; Milazzo, G.; Schiavone, S.; Spatafora, F. “Conservation of a Colossal Statue of Zeus From Soluntum (Sicily, Italy): scientific and historical remarks about previous restorations”, 5th International conference Youth in the Conservation of Cultural Heritage – YOCOCU”, Madrid, settembre 2016, https://digital.csic.es/handle/10261/154352
  • G. Milazzo, S. Schiavone, F. Spatafora, A. Macchia, “The Colossal Statue of Zeus Enthroned from Soluntum. A case study on the polychromy and the metal attachments of an ancient sculpture in Sicily” 7th Round Table on Polychromy in Ancient Sculpture and Architecture, November 2015, Florence

https://www.academia.edu/37706237/G.Milazzo_S.Schiavone_F.Spatafora_A.Macchia_The_Colossal_Statue_of_Zeus_Enthroned_from_Soluntum_a_Case_Study_on_the_Polychromy_and_the_Metal_Attachments_of_an_Ancient_Sculpture_in_Sicily_in_Polychromy_in_Ancient_Sculpture_and_Architecture_2018_85-91

24 Gen

Riflettografia in Infrarosso

La Riflettografia IR restituisce una notevole quantità di informazioni tale da rappresentare ormai un indispensabile contributo, sia per gli storici dell’arte che per i tecnici della conservazione, nella comprensione delle opere pittoriche, del modus operandi dell’artista e dello stato di conservazione. Grazie alla capacità di leggere gli strati pittorici non osservabili alle radiazioni nel visibile (a occhio nudo), la riflettografia accresce incredibilmente le conoscenze su un dipinto permettendo:

  • l’osservazione dei disegni preparatori tracciati dall’artista sulla preparazione, le tecniche di trasporto del disegno (incisioni, spolvero, etc) e la caratterizzazione della tecnica pittorica;
  • l’individuazione dei pentimenti o modifiche dell’artista;
  • la ricerca di sottostanti dipinti, di ridipinture o abrasioni dello strato pittorico;
  • la ricostruzione e l’interpretazione di parti o dell’intero soggetto pittorico la cui leggibilità può essere compromessa dalla presenza di patine o vernici invecchiate.

Le radiazioni infrarosse possono essere assorbite, riflesse o trasmesse dai vari materiali in maniera differente da come gli stessi materiali assorbono, riflettono o trasmettono le radiazioni visibili. La tecnica di analisi in infrarosso, quindi, si basa sulla possibilità di rivelare una differente risposta spettrale dei materiali utilizzati rispetto a ciò che è possibile osservare alla semplice osservazione visiva. Le sorgenti luminose impiegate sono lampade a incandescenza o alogene per uso fotografico che emettono una frazione sufficiente di radiazioni infrarosse.

In generale, a un aumento della lunghezza d’onda della radiazione impiegata corrisponde una diminuzione del potere coprente e, quindi, un aumento della trasparenza dello strato pittorico: tale fenomeno consente di ottenere informazioni su strati che si trovano a livelli più interni di una successione stratigrafica. 

Grazie ai diversi sistemi di acquisizione disponibili (camera multispettrale CCD, telecamera scientifica raffreddata CCD 1000 nm, Scanner piano motorizzato con rivelatore InGaAs 1700 nm) è possibile di volta in volta individuare il rivelatore più opportuno per ottenere l’immagine riflettografica ottimale agli scopi dello studio richiesto.

Un’ulteriore possibilità diagnostica nel range spettrale dell’infrarosso è rappresentata dalla tecnica dell’infrarosso falsi colori. Questa tecnica di imaging costituisce un ulteriore meccanismo di restituzione delle informazioni spettrali dei materiali nell’IR ottenuto in modo tale da riportare nelle tre componenti blu, verde e rosso (RGB) i canali del verde, del rosso e dell’infrarosso: la componente verde viene restituita nel blu, la componente rossa nel verde mentre la componente infrarossa viene riportata in rosso, mentre il blu viene eliminato. Dalla combinazione dei tre colori si ottiene una tricromia della superficie pittorica ripreso con la formazione di un’immagine a colori non corrispondenti a quelli reali, appunto “falsi”, ma caratteristici dei materiali indagati. Tale risposta caratteristica in alcuni casi permette il riconoscimento dei pigmenti, più generalmente permette la distinzione di stesure percepite nel visibile con lo stesso colore ma, realizzate con materiali differenti (ritocchi, integrazioni pittoriche, alterazioni di diversa natura, etc).

Scanner piano motorizzato per riflettografia IR INTRAVEDO

Il sistema è composto da uno scanner piano motorizzato con sensore InGaAs 1700 nm, in grado di realizzare riflettografie digitali ad alta risoluzione ed elevata dinamica tonale. È dotato di una struttura modulare e leggera, in rapporto alla vasta superficie scansionabile in un’unica acquisizione (fino a 3.6 mq).

Le prestazioni rispetto a una telecamera Vidicon o un rivelatore CCD (1000 nm) sono nettamente più elevate e consentono una migliore leggibilità dell’immagine finale.

Inoltre, le immagini digitali acquisite non richiedono correzioni a posteriori per distorsione geometrica, disomogeneità di illuminazione, vignettatura ecc.

Caratteristiche tecniche dello Scanner INTRAVEDO:

  • Sensore IR: fotodiodo InGaAs, sensibilità spettrale 0.8 – 1.7 micron
  • Illuminante: 2 lampade alogene 10 W
  • Risoluzione Spaziale dell’immagine acquisita: 101,6 dpi
  • Livelli di grigio del riflettogramma: risoluzione 12 bit/pixel
  • Ingombri: profondità 70 cm circa (impronta a terra di 45 cm); altezza e larghezza in funzione dell’area di acquisizione scelta
  • Il livellamento dello strumento e agevolato da un sistema di appoggio stabile e versatile, in grado di assorbire asperità e dislivelli fino a 10 cm
24 Gen

Fluorescenza UV

La tecnica permette, attraverso l’acquisizione di immagini ad alta risoluzione con illuminazione ultravioletta, la differenziazione e mappatura in maniera non invasiva e immediata dei materiali originali e di restauro costituenti la superficie artistica analizzata. È infatti possibile:

  • documentare la presenza di ritocchi, rifacimenti ed interventi di restauro attraverso il riconoscimento dei colori di fluorescenza nel visibile indotti da sorgenti nell’ultravioletto;
  • valutare lo stato di conservazione ed invecchiamento della vernice protettiva, 
  • effettuare un oggettivo monitoraggio durante le fasi di restauro, per la verifica della rimozione degli strati di vernice alterati e i livelli di pulitura raggiunti.

Per fluorescenza ultravioletta si intende la fluorescenza visibile generata da eccitazione ultravioletta: quando come sorgente di eccitazione viene impiegata la radiazione ultravioletta, la fluorescenza si manifesta, in gran parte, nella regione dello spettro visibile all’occhio umano, nella zona con lunghezze d’onda immediatamente superiori a quelle dell’ultravioletto. 

Il fenomeno infatti è anche visibile ad occhio nudo: molti dei materiali usati nelle opere d’arte e per il restauro, se eccitati da una sorgente luminosa ultravioletta (lampada di Wood), manifestano dei colori di fluorescenza di debole intensità, per rivelare i quali e necessario operare in un ambiente totalmente buio. Poiché la sorgente luminosa ultravioletta emette anche altre radiazioni visibili che potrebbero interferire e confondere la fluorescenza emessa nel visibile dai materiali eccitati, è necessario filtrare la sorgente ultravioletta. 

Il sistema di acquisizione necessita di opportuni filtri, così da tagliare le radiazioni ultraviolette riflesse dalla superficie indagata, consentendo il passaggio fino al rivelatore alle sole radiazioni di fluorescenza nel visibile emesse dai materiali esaminati. Il fenomeno della fluorescenza riguarda prevalentemente i materiali organici e, in minor misura, quelli inorganici e, generalmente la fluorescenza dei materiali aumenta d’intensità con il procedere dell’invecchiamento delle sostanze stesse.

Questa tecnica e largamente utilizzata per la differenziazione dei materiali pittorici sulla base dei loro colori caratteristici di fluorescenza. Le resine contenute nelle vernici sono particolarmente fluorescenti, dunque, in alcuni casi, è possibile osservare la fluorescenza, meno intensa, di pigmenti e leganti solo in fase di restauro, dopo l’eliminazione della vernice.

24 Gen

Radiografia X

L’indagine radiografica è una tecnica diffusamente utilizzata per lo studio diagnostico delle opere d’arte. I risultati forniti rappresentano un insieme di informazioni indispensabile per conoscere la tecnica d’esecuzione e per ricostruire le vicende conservative.

Materiali diversi assorbono e diffondono i raggi X in modi caratteristici, dipendenti dalla loro composizione chimica, dalla loro densità e dall’energia dei raggi X incidenti. I raggi X, dopo l’interazione con l’opera o parte di essa, vengono adeguatamente rilevati per ottenere una radiografia, ossia un’immagine in toni di grigio a diversa intensità. Nella convenzionale lettura, le aree di minor spessore o caratterizzate da una matrice leggera (bassi numeri atomici degli elementi chimici costituenti) appariranno più scure (o radiotrasparenti), mentre quelle più spesse o più assorbenti perché costituite da una matrice composizionale a più alto numero atomico appariranno più chiare (radiopache).

Si tratta dunque di un’analisi non invasiva utilissima per la documentazione delle strutture interne di manufatti lignei e ceramici, per lo studio di stratigrafie pittoriche e individuazione di pentimenti e dipinti sottostanti e, più in generale, per la valutazione delle discontinuità dei materiali che costituiscono l’opera.

Ad esempio nel caso dei dipinti su tavola, un’immagine radiografica permette, infatti, di evidenziare il numero e le caratteristiche delle fratture, le stuccature, le integrazioni lignee, la posizione dei chiodi metallici posti a collegamento tra le parti, i danni dovuti ad attacchi di insetti xilofagi, lacune dello strato pittorico ed integrazioni, ottenendo una prima caratterizzazione e mappatura dei materiali pittorici impiegati dall’artista e successivamente nel corso dei numerosi restauri cui l’opera è stata sottoposta.

L’indagine è applicabile a varie tipologie di opere e di materiali costitutivi e grazie al nostro innovativo sistema portatile di tipo digitale diretto è possibile superare da un lato i limiti della radiografia analogica tradizionale su lastra, legati alle difficoltose procedure e ai tempi di sviluppo, dall’altro quelli dei più recenti sistemi digitali indiretti che prevedono la lettura dell’immagini acquisita solo in un secondo momento e non direttamente in fase di studio in situ. Il principale vantaggio di questa innovativa tecnologia è infatti la possibilità di un immediato confronto sui dati da parte di restauratori e storici dell’arte, fin dal momento dell’acquisizione.

Qui la scheda tecnica del nostro sistema portatile digitale diretto per indagini radiografiche in situ

Caratteristiche RX digitale diretto_STArtTest

24 Gen

Indagini termografiche

La termografia in infrarosso è una tecnica d’indagine in grado di determinare, con notevole risoluzione spaziale e grande precisione, la temperatura di una superficie attraverso la misura della radiazione “di corpo nero” che viene emessa da ogni oggetto proprio in funzione della temperatura.

Attraverso l’utilizzo di una termocamera a infrarossi (8 -14 µm), secondo metodi di misura di tipo passivo e/o attivo, è possibile eseguire controlli non distruttivi (non sussistono alterazioni in seguito alla verifica) e non invasivi (non vi è contatto tra attrezzatura e oggetto da esaminare) che hanno un vasto campo di applicazioni: dal rilevamento dell’umidità di risalita e/o infiltrazioni nelle murature, individuazione di distacchi/difetti negli intonaci, alla mappatura dei diversi materiali da costruzione. 

Grazie alla non invasività dell’indagine, non vi sono limiti nel numero di acquisizioni, eseguibili in un gran numero di aree e ripetibile più volte nel tempo per la verifica e l’analisi delle strutture durante gli interventi di conservazione e/o restauro.

Per le strutture architettoniche sia nel settore dell’edilizia civile che nel caso di edifici di interesse storico-artistico, la tecnica permette di individuare elementi non più visibili inglobati nelle pareti, tamponature di aperture preesistenti e ammorsamenti fra murature preesistenti grazie al fenomeno della propagazione differenziata del calore all’interno della muratura a causa di diversi valori della diffusività termica.

Le applicazioni alle indagini di tipo strutturale riguardano soprattutto: la mappatura e verifica di impianti elettrici e di riscaldamento, la ricerca di strutture a carattere portante (telai, tessitura di strutture architettoniche), la ricerca di eventuali difetti o disomogeneità degli strati sub-superficiali, come fratture o discontinuità dei materiali e l’individuazione di disomogeneità nella riflettività termica, indice di deposizioni e patine superficiali, anche su oggetti di piccole dimensioni. 

Dalle modalità di diffusione termica all’interno di un materiale è, infatti, possibile individuarne difetti strutturali non evidenti all’esame a vista della superficie.

24 Gen

Indagini microclimatiche

Monitoraggio termoigrometrico e della qualità dell’aria

Nel campo dei beni culturali un’analisi microclimatica, opportunamente progettata, risulta fondamentale allo scopo di:

– rilevare e documentare la condizione dei parametri termoigrometrici, temperatura (T) e umidità relativa (UR%), presenti nell’ambiente di conservazione e/o esposizione delle opere;

– confrontare i valori misurati con i parametri microclimatici necessari per la corretta conservazione dei manufatti di differente natura individuati dalla Normativa vigente e indicati dal D.M. 10 maggio 2001 “Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (art. 150, comma 6, D.L. n. 112/1998)” del MIBACT;

– analizzare le escursioni giornaliere di temperatura (ΔT) e di umidità relativa (ΔUR) e confrontarle con i valori indicati dalla stessa Normativa UNI, per valutare l’influenza delle condizioni di conservazione sui fenomeni di degrado che interessano le superfici in esame;

– definire le eventuali misure correttive, attive o passive, per la determinazione dei parametri termoigrometrici e di illuminamento per la corretta conservazione;

– supportare la progettazione di nuovi spazi espositivi (ambienti confinati e semiconfinati) e/o di teche tramite definizione dei parametri ottimali di temperatura, umidità e illuminamento in dipendenza del tipo di materiale costituente il bene culturale oggetto d’indagine.

Per il rilevamento dei dati microclimatici vengono impiegate sonde di tipo datalogger a 2 e 4 canali per la registrazione automatica ed in continuo (fino a tre anni continuativi) dei valori di temperatura, umidità e illuminamento sia degli ambienti che delle teche espositive con strumentazioni di ridottissime dimensioni ma ad altissima precisione.Le misure vengono eseguite dopo un primo sopralluogo necessario per l’individuazione dei punti di campionamento più significativi per il rilevamento microclimatico dell’ambiente in esame. Una sonda viene collocata in esterno così da poter valutare anche l’inerzia degli ambienti interni rispetto alle variazioni climatiche esterne.

Il controllo dei livelli termoigrometrici e di illuminamento a cui sono esposte le opere oggetto dello studio deve essere eseguito almeno per la durata di un anno (iter stagionale) al fine di garantire la significatività dei dati raccolti rispetto alla situazione microclimatica reale che caratterizza il sito analizzato. Lo scarico dei dati forniti dalle stazioni microclimatiche collocate in situ, viene eseguito per un numero di quattro volte (con cadenza trimestrale) con la conseguente stesura di schede ad hoc e report dei dati.

Inoltre, grazie alla collaborazione con Energreenup srl abbiamo implementato il nostro servizio di analisi e monitoraggio del microclima grazie all’impiego della piattaforma DA.VI.C.A (Data Visualization Cultura e Ambiente). Questo innovativo sistema di gestione acquisisce i dati ambientali per la misurazione simultanea di UV, Vis, T, RH%, sensori, dosimetri e strumenti specifici per la valutazione dell’impatto cooperativo di più fattori ambientali sui manufatti. Il sistema di rilevamento dati è estremamente compatto e poco invasivo, facilmente trasportabile e installabile senza alterazioni dell’ambiente circostante e con possibilità di implementazione di una vastissima gamma di sensoristica per il controllo della qualità dell’aria (ad esempio concentrazione di CO2 in relazione agli afflussi dei visitatori). I collegamenti prevalentemente wireless lo rendono un sistema affidabile e performante.

24 Gen

Fluorescenza a raggi X

La spettrometria di fluorescenza a raggi X (XRF) è un’analisi chimica di tipo non invasivo che consente l’identificazione degli elementi chimici presenti nei materiali costituenti l’opera. Ciò è possibile attraverso l’identificazione delle radiazioni X caratteristiche emesse dalla superficie analizzata in seguito all’interazione con un fascio di raggi X incidenti. 

Tale analisi restituisce indicazioni, decisive ed esaustive nella maggior parte dei casi, per il riconoscimento dei pigmenti e delle leghe metalliche e, conseguentemente, l’autentica e datazione indiretta degli oggetti artistici esaminati grazie alla possibilità di individuarne dei marker composizionali che sono caratteristici di determinati periodi e/o di determinati artisti.

L’informazione che si ottiene proviene dagli strati più esterni della superficie analizzata, cioè da quelli che la radiazione caratteristica secondaria emessa riesce ad attraversare. La radiazione proveniente dalla superficie analizzata viene rivelata in funzione della sua energia (Energy dispersive: EDXRF). Con questo sistema la radiazione di fluorescenza del campione viene registrata da un rivelatore a stato solido SDD (Silicon Drift Detector) che consente di individuare in un’unica misura tutti gli elementi rilevabili nella superficie (non è possibile con questa tecnica identificare materiali organici).

La superficie dell’opera da analizzare è colpita con un fascio di raggi X emesso dalla sorgente, un tubo a raggi X miniaturizzato che insieme al rivelatore costituisce lo spettrometro portatile. Gli elementi chimici presenti localmente vengono eccitati, cioè passano ad uno stato energetico superiore, dal quale però decadono istantaneamente emettendo radiazioni X monocromatiche caratteristiche per ogni elemento presente, permettendone dunque l’identificazione.

Nel campo dei beni culturali, la fluorescenza a raggi X ha trovato larga diffusione poiché, essendo una tecnica non distruttiva eseguibile in situ tramite strumentazione portatile, risulta molto adatta per l’analisi composizionale di differenti tipologie di opere (dipinti, sculture, elementi architettonici etc) e diversi materiali (pigmenti, metalli, gemme, etc) originali o di degrado. Questa è quindi di notevole interesse nell’ambito degli studi diagnostici previsti per i programmi conservativi o per approfondimenti archeometrici.

La significatività dei risultati restituiti dalla tecnica XRF di tipo puntuale è garantita anche dalle evidenze fornite dalle indagini tramite imaging diagnostico (riflettografia IR, IR falso colore, Fluorescenza UV, radiografia X) generalmente associate a questo tipo di indagine e che permettono di confermare l’omogeneità della superficie su cui eseguire l’indagine chimica e di estendere alle campiture di uguale cromia il risultato chimico ottenuto sulle aree campione analizzate in fluorescenza a raggi X.

24 Gen

Analisi su microcampione

A completamento delle indagini di tipo non invasivo, e dopo una valutazione quanto più completa dei risultati ottenuti in maniera non distruttiva finalizzata a ridurre al minimo il numero di campionamenti necessari, è possibile effettuare un approfondimento su microprelievo da eseguire in laboratorio tramite analisi in Cross-section, MicroFTIR, SEM-EDS, XRD. Tali indagini hanno lo scopo di fornire informazioni sulla successione stratigrafica dei materiali costituenti l’opera (Cross-section), l’identificazione dei composti di natura organica (MicroFTIR o Raman) come anche delle fasi mineralogiche (XRD o Raman), la correlazione tra elementi chimici costituenti un singolo strato (SEM-EDS), etc.

24 Gen

Indagini geofisiche

Indagini Georadar 

Noto con la sigla GPR (Ground Penetrating Radar) o SPR (Surface Penetrating Radar), il Georadar, è un particolare tipo di radar che sfrutta i fenomeni della riflessione, della rifrazione e della diffrazione che può subire un’onda elettromagnetica quando incontra delle discontinuità all’interno del mezzo indagato. Questi fenomeni fisici sono determinati da variazioni delle proprietà elettriche e magnetiche dei materiali attraversati (cavità, variazioni litologiche, oggetti sepolti, ecc.) e in particolare da variazioni della permettività (costante dielettrica relativa), dal momento che la permeabilità magnetica di un corpo omogeneo è generalmente abbastanza uniforme.

Questa metodologia permette indagini a varie profondità, da alcune decine di metri a pochi centimetri in funzione del tipo di antenna utilizzata, restituendo informazioni su: mappature del suolo, ubicazione di sottoservizi, individuazione di discontinuità e spessore delle fondazioni, di cavità, di cripte, di preesistenze di tipo archeologico e mappature di superfici per l’individuazione dello spessore delle murature, presenza e mappatura e indagine dimensionale di ferri nelle armature, individuazione di ambienti nascosti o occultati, distacchi dell’intonaco o di dipinti murali dalla tessitura muraria o dalle volte di edifici e chiese, individuazione e dimensionamento di fratture e discontinuità su elementi architettonici e/o decorativi (colonne, statue, etc.).

Indagini a ultrasuoni

Indagini di tipo ultrasonico restituiscono una caratterizzazione dei manufatti attraverso la stima della velocità ultrasonica e il modelling 3D dei segnali ultrasonici per la ricostruzione tomografica delle caratteristiche meccaniche e strutturali di manufatti storici, come statue, busti, colonne, capitelli. 

Per ultrasuoni si intendono le vibrazioni meccaniche (elastiche) il cui campo di frequenza si estende da valori superiori a 20 kHz fino ad oltre 200 MHz. Le onde ultrasoniche sono generate sfruttando le proprietà piezoelettriche di alcuni materiali; queste proprietà consistono nella capacita di alcuni materiali di contrarsi ed espandersi quando sono sottoposti all’azione di un campo elettrico alternato. Se il campo elettrico alternato possiede opportuna frequenza, le vibrazioni del materiale producono onde elastiche di frequenza ultrasonica. Il fenomeno è reversibile; in altre parole, lo stesso materiale capace di emettere ultrasuoni, può generare un segnale elettrico se investito da un fascio d’onde elastiche. Le oscillazioni ultrasoniche, a differenza di quelle soniche, non si trasmettono altrettanto facilmente nei gas, quale ad es. l’aria; possono, invece, trasmettersi su lunghe distanze rimanendo praticamente inalterate se, il mezzo in cui viaggiano, è un liquido o un solido omogeneo. In presenza di discontinuità, come materiali differenti, queste vengono riflesse e rifratte.

La capacità di penetrazione dipende dalle frequenze ma anche dalle caratteristiche intrinseche del materiale che deve essere attraversato. Se durante tale percorso le onde incontrano discontinuità saranno riflesse, assorbite, deviate o diffratte secondo le leggi comuni a tutti i fenomeni di propagazione delle onde e, sullo schermo, tra i due precedenti picchi “eco di partenza ed eco di fondo”, ne compariranno altri che rappresentano delle indicazioni relative al tipo di discontinuità incontrate. L’energia assorbita dal difetto fa sì che esso possa vibrare emettendo, a sua volta, onde elastiche di frequenza tipica della sua risonanza e variamente sfasata; dunque, il segnale che ritorna verso il trasduttore è la risultante della sommatoria di molte onde d’uguale frequenza, ma sfasate, e di altre onde di frequenza diversa, anch’esse non in fase tra loro. Tale segnale contiene tutte le informazioni sulle dimensioni, geometria e natura dell’ostacolo incontrato dal fascio di ultrasuoni incidenti.

Rilievo tramite pacometro

Questo metodo si avvale del principio della misurazione dell’assorbimento del campo magnetico, prodotto dalla stessa apparecchiatura, che viene evidenziato tramite sistema analogico o digitale. I metodi magnetici utilizzano le proprietà magnetiche dei metalli e vengono comunemente utilizzati per il rilievo delle barre di armatura all’interno dei getti di calcestruzzo e, in generale, per l’individuazione di inserti metallici non visibili all’interno di una matrice non metallica. L’indagine è da considerarsi di tipo non invasivo.

Lo strumento, composto da un’unità di emissione e lettura del campo elettromagnetico, da una o più sonde emittenti – riceventi il campo magnetico, consente una localizzazione e ricostruzione affidabile di strutture metalliche presenti fino a circa 18 cm dalla superficie di ispezione. Infatti, il pacometro permette di determinare la posizione, la direzione e il numero degli inserti, valutandone il diametro e il materiale di composizione, limitatamente al caso di geometrie regolari e superfici piane e di ferri disposti parallelamente alla superficie analizzata.

Dal punto di vista pratico, si procede all’individuazione degli inserti muovendo lentamente la sonda sulle zone sensibili per individuare i punti e le direzioni di massimo segnale. La metodologia risulta molto affidabile per quanto riguarda la rilevazione della presenza di oggetti metallici e può essere utilizzata per la localizzazione di cordoli, architravi, travi e pilastri (immersi nelle murature), nervature di solai non visibili, perni metallici di ancoraggio in strutture e sculture lapidee o lignee. 

Ispezione endoscopica 

Tale tecnica di indagine permette, tramite l’impiego di un’opportuna fibra ottica, di verificare e documentare i volumi interni (o non direttamente osservabili) delle strutture con la possibilità di memorizzare immagini e filmati. 

È una metodologia non invasiva che fornisce utili informazioni per localizzare e intercettare la presenza di anomalie o problematiche di diversa natura in strutture difficilmente accessibili e ispezionabili. Tra le principali applicazioni vi sono: ispezioni di fori e cavità in murature ed elementi cavi; ispezione e documentazione di crepe e lesioni, rilievo visivo della stratigrafia e tessitura delle opere murarie; ispezioni su solai e controsoffitti; ispezione di tubazioni di vario tipo e dimensioni.